Storia e breve introduzione

La Casa per ferie Santo Stefano è situata nella parte occidentale di Roma, alle spalle della collina del Gianicolo, nel pianeggiante quartiere Monteverde Nuovo. Gli spazi verdi che circondano via del Casaletto, grazie alla loro atmosfera idilliaca, offrono un’ottima opportunità di rigenerazione fisica e mentale. Tuttavia la via frenetica dei Colli Portuensi, a soli 200 metri di distanza, permette a pellegrini e turisti in visita a Roma una vasta gamma di negozi, caffè e ristoranti accoglienti che soddisfanno ogni esigenza.

In pochi penserebbero che le radici religiose della Casa – come suggerisce il nome – risalgono al re Santo Stefano d’Ungheria; il quale oltre alla sacra corona ricevette a Roma anche un altro dono: egli riuscì, nelle immediate vicinanze dell’Antica Basilica di San Pietro, ad acquisire la ”piccola” Chiesa di Santo Stefano (detta anche Santo Stefano Minore, successivamente chiamata Santo Stefano degli Ungari), consacrata nell’VIII secolo in onore del primo martire di Gerusalemme.

Il re Santo Stefano, sul terreno limitrofo alla chiesa, fondò anche una casa di accoglienza pellegrini per gli ungheresi in visita a Roma. Purtroppo l’edificio originale – che godeva di un grande prestigio agli occhi degli ungheresi ed era sopravvissuto per ben sette secoli – nel 1776 venne demolito per via della costruzione di una nuova sagrestia dell’attuale Basilica di San Pietro.

I Papi, cercando di supplire alla suddetta perdita, prima donarono all’Ungheria la Cappella ungherese di Santo Stefano, sita all’interno della Basilica di Santo Stefano Rotondo (che vanta numerosi riferimenti ungheresi), e successivamente la Cappella di Nostra Signora d’Ungheria sita nelle Grotte vaticane.

Tuttavia, per l’effettivo ripristino della casa di accoglienza pellegrini si dovette attendere fino al 1965. La realizzazione della stessa fu dovuta principalmente agli sforzi dei nostri connazionali, costretti in passato all’emigrazione. Vero è che il venerabile cardinale József Mindszenty nel 1946, quando gli venne assegnata la Basilica di Santo Stefano Rotondo, quale chiesa a titolo cardinalizio/chiesa titolare, fece richiesta anche per la conversione dell’ex monastero paolino, ivi stante, in una casa ungherese; tuttavia il suo sogno all’epoca non si concretizzò.

I progetti per la fondazione di una Casa ungherese vennero rilanciati solo nel 1964, quando, ai sensi di un accordo firmato tra lo Stato Ungherese e la Chiesa Cattolica, i responsabili in carica al Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese di Roma dovettero dimettersi e lasciare l’istituto di Via Giulia n.1. Il motivo di tale allontanamento risiedeva nel fatto che essi venivano considerati nemici “giurati” dello stato comunista ungherese, poiché durante gli anni ‘50 avevano mostrato una forte resistenza intellettuale al regime comunista ungherese, e in seguito alla Rivoluzione ungherese del 1956 avevano preso temporaneamente il controllo dell’Accademia d’Ungheria in Roma, ospitando persino dei giovani rifugiati ungheresi presso la propria sede.

Fu la Provvidenza divina a venire in soccorso ai prelati József Zágon e István Mester, ex responsabili del Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese, tramite Erzsébet Fay, anch’essa emigrata a sua volta e legittima erede del facoltoso inglese Lord Duncan Oliver. La Fay, una volta informata della situazione creatasi a Roma, tramite il pastore svizzero Tibor Mészáros, fece un’offerta straordinaria ai sacerdoti ungheresi in difficoltà: qualora essi fossero riusciti ad acquistare un appezzamento di terreno a Roma lei si sarebbe fatta carico di tutte le spese relative alla costruzione di una casa per gli ungheresi, concretizzando il sogno di Santo Stefano, che desiderava disporre di una presenza ungherese stabile a Roma.

I padri József Zágon e István Mester riuscirono ad acquistare un appezzamento di terra in via del Casaletto, mediante la divisione del terreno di un vecchio maniero del XVII secolo, ed il 19 novembre del 1966, in occasione della festa di Sant’Elisabetta d’Ungheria, venne ivi posta la prima pietra in presenza di Elizabeth Fay.

La stessa donatrice in seguito provvide anche alla gestione dei lavori, avvalendosi delle proprie amicizie italiane. La Fay convinse József Zágon di porre alcune modifiche al progetto originale, in modo tale che la futura Casa fosse in grado di ospitare non solo l’istituto ecclesiastico ma anche una casa di accoglienza pellegrini, le cui entrate sarebbero servite per coprire le spese di manutenzione della casa stessa. I progetti originali che prevedevano una forma simil maniero ungherese, non vennero però approvati dalle autorità locali, per cui l’attuale struttura rispecchia prevalentemente i canoni tipici dell’architettura moderna italiana.

La Casa Santo Stefano venne benedetta il 20 agosto del 1967 in presenza di numerosi rappresentanti ungheresi, provenienti da diversi paesi. In tale occasione venne consacrata anche la cappella della casa, nella cui mensa d’altare furono collocate le reliquie di alcuni santi ungheresi tra cui Santo Stefano, Sant’Emerigo (da Aquisgrana) e San Gherardo. Le reliquie di quest’ultimo furono donate dal Cardinale Roncalli. All’interno della stessa mensa venivano inoltre disposte anche le reliquie del Papa Beato Innocenzo XI (noto per aver liberato Buda), nonché quelle dei tre martiri di Kassa (Košice). Nel 1971, grazie agli sforzi del padre István Mester, la Casa venne ulteriormente ampliata con una nuova ala, triplicando in tal modo non solo la superficie originale ma anche la propria capienza.

Già all’apertura della Casa vi lavorò, fino alla sua scomparsa, Péter Prokop, sacerdote, pittore e scrittore originario di Kalocsa, il quale aveva concluso i propri studi di belle arti a Roma. Le sue opere oggi le ritroviamo sia lungo le pareti degli spazi comuni e delle stanze dell’edificio sia presso il santuario della cappella, decorata dallo stesso Prokop a secco con le immagini dei santi ungheresi. Le vetrate incorniciate in piombo e quella incastonata nel cemento sopra l’ingresso della cappella, quest’ultima raffigurante Santo Stefano, conferiscono dei colori meravigliosi allo spazio lineare e moderno della cappella.

Erzsébet Fay affidò la gestione della Casa alla Fondazione di Culto e Religione Santo Stefano D’Ungheria con a capo József Zágon, che a sua volta chiese alle Suore scolastiche di Nostra Signora di Kalocsa di prendersi cura della stessa. Le suore scolastiche adempierono tale incarico fino al 2011, fornendo ristoro fisico e mentale a migliaia di pellegrini giunti a Roma.

Negli ultimi tre anni, la Casa, grazie ad una cospicua sovvenzione statale garantitale dalla mediazione della Conferenza Episcopale Ungherese (MKPK), venne completamente ristrutturata. A seguito dei lavori svolti sono notevolmente migliorati non solo la predisposizione delle camere e degli spazi comuni, ma anche la loro dotazione tecnica ed estetica. Nel maggio del 2020, la Conferenza Episcopale Ungherese (MKPK) ha acquistato la Casa Santo Stefano, ma la gestione della stessa è rimasta invariata ovvero affidata alla Fondazione di Culto e Religione Santo Stefano D’Ungheria, il cui attuale presidente è Dr. Norbert Németh, Rettore del Pontificio Istituto Ecclesiastico Ungherese, agente romano della Conferenza Episcopale Ungherese e Capo Missione Cattolica Ungherese in Italia.

Nel 2021 il nuovo proprietario ha provveduto, oltre che al completamento dei lavori, anche alla modernizzazione dell’approvvigionamento energetico dell’edificio, mediante la sostituzione di tutte le porte e finestre, l’utilizzo di pannelli solari e lo scavo di un proprio pozzo nel giardino del complesso. Al piano interrato è stata predisposta una sala multifunzionale per la comunità cattolica ungherese di Roma, in grado di ospitare proiezioni film, spettacoli teatrali, di danza popolare o musicali, assicurando in tal modo alla Fondazione di adempiere al suo triplice incarico: assistenza e accoglienza dei pellegrini ungheresi in arrivo a Roma, servizio pastorale e cura delle radici linguistiche e culturali della comunità cattolica ungherese locale.

Nel 2021 la Casa di Santo Stefano, dopo un lungo periodo di restauro e di chiusura imposta dalla pandemia del virus Covid-19, nell’anno del suo 55esimo anno di fondazione, riapre le porte ai pellegrini ungheresi e a tutti coloro che desiderano recarsi a Roma sia per puro divertimento sia per potersi ricaricare spiritualmente e culturalmente.  

2021.11.16.